Compri riso da anni ma non sai ancora questo: i codici E che devi assolutamente riconoscere prima di pagare

Il riso bianco che acquistiamo quotidianamente al supermercato sembra un prodotto elementare, quasi banale nella sua semplicità. Eppure, dietro quel chicco candido si nasconde un mondo fatto di normative europee, processi di lavorazione industriale e regole di etichettatura che vale la pena conoscere per fare scelte davvero consapevoli. Capire cosa c’è davvero dentro una confezione di riso significa anche imparare a leggere tra le righe di un’etichetta e riconoscere quali sono gli elementi che contano.

Come nasce il riso bianco: meccanica industriale e regole europee

Il processo che trasforma il chicco grezzo in quello bianco che cuciniamo è prevalentemente meccanico. Attraverso la sbramatura viene rimossa la lolla, l’involucro esterno non commestibile, mentre con la brillatura si eliminano crusca e germe, lasciando l’endosperma amidaceo dal colore naturalmente chiaro. Non servono agenti chimici sbiancanti per ottenere quel caratteristico aspetto: è la struttura stessa del chicco, una volta privato degli strati esterni, a presentarsi così.

La normativa europea è piuttosto severa su questo fronte. Il Regolamento CE n. 1333/2008 stabilisce con precisione quali additivi possono essere utilizzati negli alimenti e in quali quantità. Per il riso bianco crudo destinato al consumo diretto, non è previsto l’uso standard di agenti sbiancanti o perossidi. Qualsiasi additivo autorizzato, come conservanti o agenti di rivestimento, deve obbligatoriamente comparire in etichetta con denominazione specifica e funzione dichiarata.

Decifrare i codici E: quando l’etichetta parla chiaro

Quelle sigle misteriose che iniziano con la lettera E seguite da numeri sono codici europei standardizzati per identificare gli additivi alimentari. L’E220, ad esempio, corrisponde all’anidride solforosa, mentre l’E223 identifica il metabisolfito di sodio. Entrambi sono conservanti utilizzati principalmente in prodotti come frutta secca, vino e succhi, ma non rientrano tra quelli comunemente impiegati nel riso bianco crudo secondo le tabelle del Regolamento 1333/2008.

La legge europea è categorica: ogni additivo deve essere indicato con la sua funzione e il nome o il numero E. Non sono ammesse formule vaghe come “additivi alimentari consentiti” senza specificazione. Se vi capita di leggere un’etichetta così generica, siete di fronte a un’irregolarità che meriterebbe di essere segnalata alle autorità competenti per i controlli del caso.

I coadiuvanti tecnologici: gli invisibili regolamentati

Esiste una categoria particolare di sostanze chiamate coadiuvanti tecnologici, utilizzate durante la lavorazione per ottenere effetti specifici ma non destinate a rimanere nel prodotto finale, se non come tracce tecnicamente inevitabili. Secondo il Regolamento UE n. 1169/2011, questi non richiedono dichiarazione in etichetta, salvo quando rientrino tra gli allergeni.

Nel settore del riso, alcuni coadiuvanti possono includere agenti lucidanti come il talco o il carbonato di calcio, sostanze antiagglomeranti come il biossido di silicio, oppure tracce di trattamenti fitosanitari regolamentati con limiti massimi di residui stabiliti dalla normativa europea. Anche possibili tracce di oli minerali derivanti dai macchinari sono considerate contaminanti da minimizzare attraverso rigidi controlli di sicurezza alimentare.

Qualità del riso: distinguere i fatti dai miti

Alcuni aspetti visivi del riso vengono erroneamente associati a trattamenti chimici aggressivi. Un colore molto uniforme, per esempio, è spesso il risultato di moderne tecniche di selezione ottica e lavorazione industriale efficiente, non necessariamente di additivi. La superficie lucida è una caratteristica naturale del riso brillato meccanicamente, mentre l’assenza di polvere indica semplicemente una buona pulizia industriale.

Ciò che davvero conta sono altri indicatori. La presenza dichiarata di additivi specifici in etichetta, con codice E e funzione, permette una valutazione consapevole. La certificazione biologica garantisce limiti stringenti nell’uso di pesticidi di sintesi e fertilizzanti chimici. Le indicazioni DOP e IGP implicano disciplinari di produzione specifici e controlli aggiuntivi sulle pratiche agronomiche, mentre la tracciabilità obbligatoria permette di seguire ogni lotto lungo tutta la filiera produttiva.

Strumenti pratici per scegliere consapevolmente

Orientarsi tra gli scaffali del supermercato con maggiore sicurezza richiede alcuni strumenti concreti. Familiarizzare con i principali codici E del settore alimentare è un primo passo importante. Esistono applicazioni e database online che traducono istantaneamente questi codici, fornendo informazioni su origine, funzione e possibili controindicazioni di ogni additivo.

Privilegiare prodotti che indicano sia il nome esteso sia il codice dell’additivo rappresenta una scelta verso la trasparenza. Anche se la legge permette di utilizzare solo il codice E, i produttori più attenti tendono a fornire entrambe le informazioni per maggiore chiarezza verso i consumatori.

Il potere del consumatore consapevole

Il Regolamento UE 1169/2011 riconosce esplicitamente il diritto del consumatore a un’informazione corretta e comprensibile sugli alimenti, vietando pratiche che possano indurre in errore. Il Codice del Consumo italiano offre ulteriori strumenti di tutela contro etichette ingannevoli e pratiche commerciali scorrette.

Segnalare etichette dubbie o non conformi alle associazioni dei consumatori o alle autorità competenti come l’ICQRF rappresenta un meccanismo efficace di controllo. Queste segnalazioni possono portare ad azioni correttive o sanzioni in caso di violazioni, contribuendo concretamente a migliorare la trasparenza del mercato alimentare.

Ogni scelta d’acquisto rappresenta un segnale al mercato. Premiare i produttori che adottano politiche di trasparenza totale, indicando chiaramente origine, metodi di produzione e eventuali trattamenti, incentiva pratiche commerciali più rispettose del diritto all’informazione. La richiesta di chiarezza sulle etichette non è un capriccio ma l’esercizio di un diritto fondamentale, un modo concreto per tutelare la propria salute e contribuire a un mercato alimentare più affidabile per tutti.

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